Giovedì 21 marzo 2024

ore 21.00

Giulia Lazzarini in

Muri

Prima e dopo Basaglia

con

Giulia Lazzarini


Testo e regia

Renato Sarti


Scena

Carlo Sala


Musiche

Carlo Boccadoro


Disegno luci

Claudio De Pace

Trieste, 1972. Avevo cominciato da poco a fare l’attore in un piccolo gruppo teatrale quando la direzione dell’Ospedale Psichiatrico Provinciale ci concesse l’uso del teatrino situato nel comprensorio manicomiale. La condizione era che alle prove e agli spettacoli potessero avere libero accesso gli utenti. Tra questi c’era Brunetta, una ragazza lobotomizzata, che aveva marchiata sul volto tutta la violenza di cui le istituzioni sono capaci: pochi denti, occhi infossati, cicatrici sulla testa. Insieme a una parte del cervello le avevano tolto anche la capacità di camminare diritta e l’uso della parola. Ciondolava in avanti, tenendo le braccia a penzoloni, e si esprimeva a mugugni. Spesso si sedeva con noi alla ricerca di una sola cosa: l’affetto, che per anni le era stato negato, e ricambiava ogni nostra attenzione aprendosi in un sorriso che, nonostante fosse sdentato, era meraviglioso. Nel ’74 mi sono trasferito a Milano. Brunetta non c’è più da parecchi anni, ma i suoi sguardi e la sua storia fanno indelebilmente parte della mia.

Camicie di forza, sporcizia, ricorso massiccio (a volte letale) a docce fredde, psicofarmaci, pestaggi, elettroshock. Lobotomia. Questo era il manicomio prima dell’arrivo di Franco Basaglia: una sorta di lager in cui veniva perpetrata ogni tipo di coercizione. Con il suo intervento, il dialogo e il rispetto presero il posto della violenza, rendendo labilissima la precaria distinzione tra la “normalità” del personale preposto alla cura e la “follia” dei ricoverati; fra curanti e pazienti scattava una complicità all’insegna della comprensione e della condivisione della umana sofferenza.

Scritto in base alle testimonianze di alcune infermiere, e su tutte quella di Mariuccia Giacomini, Muri racconta della vita in manicomio prima e dopo la rivoluzione voluta da Franco Basaglia.


(Renato Sarti)