Venerdì 12 aprile 2024

ore 21.00

Marco Baliani in

Una notte sbagliata

Di e con

Marco Baliani


Regia

Maria Maglietta

In questo spettacolo porto in scena il corpo di un essere umano già fragile, corpo che in quella notte che, poi, solo dopo chiameremo sbagliata, diventa un capro espiatorio su cui accanirsi.

Entrare e uscire dalle teste e dai corpi dei protagonisti notturni della vicenda, compreso un cane, è stata la mia gimkana attorale, obbligandomi a continui cambi percettivi e linguistici, dentro una rete di rimandi sonori e visivi. Già nel precedente spettacolo, Trincea, avevo sperimentato una condizione attorale simile. Qui la ricerca è proseguita, specie nella costruzione del linguaggio, fino a uscire dal contesto narrativo centrale e aprire il flusso delle parole ad altri scenari, in un “arazzo psichico” che sposta di continuo il focus della vicenda, costringendo lo spettatore non solo a viverla emotivamente ma a farsene carico anche ragionandoci sopra. Non è la cronaca di uno dei tanti episodi di accanimento contro la diversità, di cui sempre più spesso siamo testimoni, non è dunque un teatro “civile”, piuttosto un mettere il dito dentro le pieghe nascoste della psiche, delle pulsioni, delle indicibilità, fino a usare la mia stessa memoria biografica come parte dell’evento di cui si parla.

Mi sembra di vivere in un tempo in cui la sacralità del vivente, la sua inviolabilità biologica si è incrinata e compromessa.

Forse quando da cittadini siamo diventati consumatori qualcosa di quella inviolabilità si è dissolta. I corpi sono diventati merce, e devono rispondere agli stessi requisiti di efficienza e di splendore delle altre merci, altrimenti entrano nella categoria dei perdenti, degli scarti. Corpi “stranieri”, da cui guardarsi, che con la loro sola presenza incrinano la falsa luminosità del quotidiano, corpi da cacciare via, da odiare, di cui si può dunque abusare.

Questa deriva mi spaventa molto, mi inquieta, e il teatro è l’unico modo che conosco per condividere questa mia inquietudine con la comunità degli spettatori e sentirmi così meno solo e meno impaurito.


(Marco Baliani)