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Nome di Battaglia Lia

testo e regia Renato Sarti

 

con Marta Marangoni, Rossana Mola, Renato Sarti 

musiche originali Carlo Boccadoro

 

con il patrocinio di 

Associazione Nazionale Partigiani Italiani, Associazione Nazionale 

Ex Deportati, Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione Italiano Federazione Italiana, Associazioni Partigiane,

Laboratorio Nazionale per la Didattica della Storia 

 

produzione Teatro della Cooperativa 

 

SPETTACOLO REALIZZATO IN COLLABORAZIONE CON IL COMUNE DI MONZA E FONDAZIONE MONZA INSIEME

venerdì 13 febbraio 2026 | h. 21.00

Quando si parla di Resistenza, l’immaginario collettivo evoca spesso uomini armati nei boschi. Ma accanto a quella storia “ufficiale” esiste una rete capillare di gesti silenziosi, quotidiani, spesso affidati alle donne. Nome di battaglia Lia riporta al centro queste figure dimenticate, con uno sguardo lucido e commosso sulla Resistenza al femminile.

Lo spettacolo si concentra sul quartiere milanese di Niguarda, che si liberò dal nazifascismo il 24 aprile 1945, un giorno prima del resto della città. Ed è proprio in quel giorno che si consumò una delle tragedie simbolo della Liberazione: Gina Galeotti Bianchi, Nome di battaglia Lia, incinta di otto mesi, fu uccisa da una raffica di mitra nazista mentre partecipava all’insurrezione. Militante instancabile del Gruppo di Difesa della Donna, Lia rappresenta migliaia di donne che contribuirono attivamente alla lotta partigiana.

Il Gruppo di Difesa della Donna contava oltre 40.000 aderenti solo a Milano. Le sue attiviste assistevano i militari sbandati, sostenevano le famiglie dei prigionieri, partecipavano alle azioni dei Volontari della Libertà, diffondevano stampa clandestina, curavano i legami tra i vari nuclei della Resistenza. E, allo stesso tempo, si prendevano cura di bambini, anziani, malati, affrontando freddo, fame e pericoli.

Attraverso testimonianze reali, lo spettacolo traccia un ritratto tragico e insieme vivace della Niguarda resistente, dedicato alle donne e al loro coraggio. 

Il linguaggio teatrale trasforma i racconti in materia drammatica, intrecciando storia, dolore e orgoglio. 

Le ultime parole di Lia, prima di morire, suonano come un’eredità:

«Quando nascerà il bambino, non ci sarà più il fascismo».

Nel 2010 lo spettacolo è stato ospitato alla Camera dei deputati e ha ricevuto una medaglia della Presidenza della Repubblica.

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