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Vorrei una voce

di e con Tindaro Granata 

con le canzoni di Mina 

 

ispirato dall’incontro con le detenute-attrici del teatro Piccolo Shakespeare all’interno della Casa Circondariale di Messina 

 

nell’ambito del progetto Il Teatro per Sognare di D’aRteventi

diretto da Daniela Ursino 

 

disegno luci Luigi Biondi 

costumi Aurora Damanti 

regista assistente Alessandro Bandini 

 

produzione LAC Lugano Arte e Cultura 

in collaborazione con Proxima Res 

partner di produzione Gruppo Ospedaliero Moncucco

Foto © Masiar Pasquali

HD_00_0737_VORREIUNAVOCE_© LAC Lugano Arte e Cultura - Foto Masiar Pasquali(1).jpg

Venerdì 8 maggio 2026 | ore 21.00

Uno spettacolo intimo e potente, in forma di monologo, scritto e interpretato da Tindaro Granata.Vorrei una voce nasce da un’esperienza teatrale profonda e toccante vissuta dall’autore e attore siciliano nel Teatro Piccolo Shakespeare - all’interno della Casa Circondariale di Messina. Qui Granata ha lavorato con le detenute di alta sicurezza nel progetto Il Teatro per Sognare, diretto da Daniela Ursino.

Attraverso le canzoni di Mina cantate in playback, Granata ci guida in un viaggio tra libertà, identità e desiderio di riscatto, raccontando la perdita e la riconquista del sogno. 

Il sogno come forza vitale, come atto di resistenza, come urgenza emotiva. Quando non si sogna più, qualcosa dentro di noi muore. 

Le detenute del laboratorio e l’artista si scoprono uguali: reclusi, in modi diversi, ma accomunati da un bisogno disperato di esprimere sé stessi e recuperare quella voce interiore capace di dare senso all’esistenza.

In scena, solo Granata. Ma insieme a lui vivono le storie di chi, nella vita, cerca riscatto. Ogni gesto, ogni playback sulle note di Mina diventa un atto liberatorio, una danza tra ricordi e desideri, tra fallimenti e nuove possibilità. 

Il riferimento è l’ultimo concerto di Mina alla Bussola, il 23 agosto del 1978: uno spazio simbolico, immaginifico, dove le donne del laboratorio hanno potuto ritrovare femminilità, emozioni, corpo e libertà – in un luogo che tende ogni giorno a negare tutto questo.

Vorrei una voce è una dedica a chi ha perso fiducia, a chi ha smesso di credere nella gioia, a chi non riesce più a immaginare un futuro. È un inno struggente al potere salvifico dell’arte, al bisogno profondo di sentirsi vivi, di amare, di desiderare.

È un grido dolce e irruente: “Voglio la mia voce. Voglio tornare a sognare.”

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